la via neosperimentale del cinema italiano
a cura di Adriano Aprà
ore 20 Storie del dormiveglia
Sarà presente l’autore Luca Magi
presenta al pubblico Silvio Grasselli
ore 21:15 I ricordi del fiume
presenta il film Silvio Grasselli
lunedì 26 novembre, ore 20
Storie del dormiveglia
2018
Regia: Luca Magi; sceneggiatura: Luca Magi, Michele Manzolini; testimonianze: David Stavros Onassis, Paul Harriber, Leonardo Santucci, Alexandru Ionel Lungu, Fabio Fugazzaro, Umberto, Gennarino, Gennaro, Ktheri Kamarizamen, Assunta Jessica Romito, Pasquale Raguseo, Andreij, Marian, Emil, Blessing Omobude, Roxana Renate Rovila, Alexandru Rovila; fotografia (hd, colore, 16:9): Luca Magi, Andrea Vaccari; musica e sound design: Simonluca Laitempergher; montaggio: Jaime Palomo Cousido; produzione: Kiné; in associazione con: Piazza Grande; in collaborazione con: Vezfilm, Antoniano Bologna; con il contributo di: Emilia Romagna Film Commission; prima proiezione pubblica: Visions du Réel, Nyon, Svizzera, 16 aprile 2018; durata: 67’
Il Rostom è una struttura di accoglienza notturna per senzatetto, situata nell’estrema periferia di una grande città. Appare come una base lunare fantasma in mezzo alla campagna, in cui fasci di luce al neon disegnano i profili degli insonni, che nel cuore della notte si alzano ed escono a fumare o per scambiare due chiacchiere. Figure che nella semioscurità si avvicendano e si raccontano, uomini e donne con disagi psichici, problemi di salute, di dipendenza, ex carcerati, che per un periodo della loro vita, come meteore, arrivano per poi scomparire di nuovo nel nulla. Alcuni di loro stanziali, altri solo di passaggio. A tessere le fila dei loro racconti è David, un inglese che da sette anni vaga per il mondo ed è approdato al Rostom esausto e desideroso di rimettersi in piedi e raccontarsi. Con un registratore a cassette tiene un diario della sua vita sui propri sogni, sull’aldilà e sugli incontri con gli altri ospiti del dormitorio. Le notti sono cadenzate da attese, silenzi, centinaia di sigarette e accompagnate da sfoghi, lacrime, risate, discussioni surreali, racconti di incubi e speranze.
Note di regia
Da anni alterno la mia attività di regista a quella di operatore sociale e da quattro lavoro al Rostom di Bologna. Ho avuto modo di conoscere e condividere aspetti intimi della vita di centinaia di persone ospitate nel centro. L’impatto con questa realtà è stato violento: i suoi ospiti sono perlopiù persone emarginate, disadattate e sole. Sono sempre rimasto molto colpito da come dietro questa fragilità di uomini e donne, dietro la loro solitudine si nascondesse una grandezza: un senso di rivolta, qualcosa di inutile e spesso distruttivo, ma al contempo capace, se visto da vicino come nel mio caso, di trasmettere l’essenza delle cose, di attraversare gli altri con qualcosa di pulsante, vitale e capace di emozionare. Questo impulso ha generato la mia voglia di raccontare ciò che ho vissuto e vivo tuttora, per rendere partecipe lo spettatore di un’esperienza diretta che lo trascini nella vita e nelle emozioni di queste persone.
Non sono interessato a raccontare la storia dei personaggi attraverso una costruzione drammaturgica classica. Non mi metterò in scena in prima persona, se non come confessore silenzioso. A introdurci nel dormitorio e a essere il filo conduttore di tutte le storie sarà la voce narrante di David, grazie all’intimo diario vocale che tiene da anni.
Ho in mente un film corale dalla struttura aperta, in cui le vicende dei protagonisti saranno orchestrate come strumenti musicali con un flusso emotivo di accadimenti spesso minimi, tra solitudine, allegria, dramma e tenerezza. La sfida sarà raccontare l’evoluzione interiore dei protagonisti, accompagnare lo spettatore nella loro progressione emotiva: qualcosa che somigli a un riscatto degli ultimi, un’invocazione al cielo e alla natura in favore degli emarginati e degli invisibili.
Per tradurre la drammaticità e il surrealismo delle situazioni che si andranno via via presentando, la mia ricerca visiva cercherà di valorizzare la plasticità delle figure dei protagonisti, i quali ogni notte emergono dalla semioscurità in cui è avvolto il dormitorio, appena illuminati dalle luci al neon. Un tentativo di fissarli in uno sguardo di luci e ombre caravaggesco, che valorizzi il loro universo emotivo. La costruzione delle inquadrature e la resa fotografica dovrà partire dal presupposto di massima valorizzazione umana dei protagonisti del racconto, mantenendo parallelamente un alto livello di astrazione.
Vorrei trattare i momenti diurni e della memoria come se fossero espressione dell’incosciente, e quindi del sogno: il prolungamento onirico delle confessioni notturne. Questa alternanza di giorno e notte, luce e ombra, sogno e realtà sarà la cifra del racconto.
Il dormitorio si presenta visivamente simile a una base lunare e alle scenografie di molti film di fantascienza. L’idea di collocare i corpi e i volti dei suoi ospiti in un immaginario metafisico permetterà di valorizzare il mondo interiore di queste stesse persone in rapporto allo spazio fisico e, in senso più ampio, all’universo. Il richiamo alla fantascienza permetterà di sondare i concetti di “oltre” e di “aldilà” nelle accezioni di alterità (comunicazione con gli altri e solitudine) e soprattutto di rapporto con la fede (sia essa confessionale o laica). Una fede vissuta come una sorta di abbandono totale al flusso dell’esistente e, contemporaneamente, un riscatto dalla dimensione terrena in nome di una ricerca di ascesi e di purezza.
Biografia
Luca Magi (Urbino, 1976) vive e lavora a Bologna. È diplomato in Progettazione multimediale all’Accademia di Belle Arti di Urbino. In qualità di disegnatore, animatore e illustratore ha collaborato con importanti case editrici italiane. Il suo percorso artistico si è sviluppato in particolare nel campo della videoarte. I suoi lavori sono apparsi in diversi festival e manifestazioni artistiche nazionali, come il Torino Film Festival, il Flash Art Museum di Trevi e la collettiva After Urban di New York. Anita (2012) è il suo primo film. Storie del dormiveglia, il suo ultimo lavoro, nasce dalla sua esperienza come operatore in una struttura di accoglienza per senza tetto.
Filmografia
Sovrappensiero (2003, 1′); lool (2004, 3′); Passi a tempo (2005, 45′); Il buco (2005, 6′); Urbino paesaggio umano (2007, 10′); Almeisan (2007, 6′); Anita (2012, 55’); Storie del dormiveglia (2017-2018, 67’).
lunedì 26 novembre, ore 21.15
I ricordi del fiume
2015
Regia, soggetto e sceneggiatura: Gianluca e Massimiliano De Serio; fotografia (hd, colore, 16:9): Gianluca e Massimiliano De Serio, Andrea Grasselli; suono: Tommaso Bosso, Giovanni Corona; sound design: Giorgio Ferrero, Mirko Guerra; montaggio: Stefano Cravero; produzione: La Sarraz Pictures; prima proiezione pubblica: Mostra di Venezia (Selezione ufficiale, fuori concorso), 10 settembre 2015; durata: 96′
Il Platz, una delle baraccopoli più grandi d’Europa, sorge lungo gli argini del fiume Stura a Torino da tanti anni. Un progetto di smantellamento si abbatte sulla comunità di più di 1000 persone che lo abita. In una labirintica immersione, I ricordi del fiume ritrae gli ultimi mesi di esistenza del Platz, tra lacerazioni, drammi, speranze, vita.
Note di regia
Con gli anni abbiamo visto il Platz crescere, a poche centinaia di metri da casa nostra, dietro la fitta boscaglia che lo separava dalla strada, dalla città. Stretta tra il fiume Stura, la baraccopoli si stende per circa due km nascosta da collinette di rifiuti, arbusti e piante. Questa porzione di città invisibile è il nucleo del racconto. Per noi, entrare dentro, conoscere le persone che lo abitavano, voleva dire filmarle. E viceversa: filmare era come conoscerle. Nel percorso di conoscenza e di riprese abbiamo compreso che non si trattava tanto di documentarne la cronaca, quanto di raccoglierne i ricordi e salvarne le impressioni come in un impossibile atto di resistenza. A mano a mano che diventava anche il nostro luogo, e che al contempo si svuotava, si distruggeva e moriva, abbiamo trovato persone in una continua lotta per la sopravvivenza. Nel corso di un anno e mezzo di riprese sono molte le persone che sono morte e tanti i neonati venuti alla luce: il ciclo della vita, nel passare delle stagioni, era per noi raccolto, racchiuso in quell’intrico di baracche.
C’è stato uno scambio: fare questo film, per noi voleva dire trattenere i ricordi, dare un’opportunità in più alla vita di essere ricordata. Voleva dire presentare un luogo vittima di pregiudizi, un luogo simbolico e cruciale delle nostre periferie, ora destinato a dissolversi nel nulla. Il cinema documentario, grazie alla costanza, alla presenza, alla vita, alla compassione, può davvero riscattare l’immagine degli ultimi. Anche solo per il fatto che ha l’ambizione, quando riesce a restituirne la dignità, di raccontarne la vita con sguardo libero e vicino.
Con il passare delle stagioni, ai nostri occhi il Platz si faceva sempre più metafora dell’esistenza stessa, della sua caducità e della sua bellezza. La raccolta di questa specie di found footage di vite è un insieme di specchi frammentati e sospesi che lottano insieme per ricostruire questa comunità invisibile. Il film è costruito come un accumulo di “ricordi”. Nel labirinto dalle strane e sghembe asimmetrie, nelle drammatiche fughe prospettiche create per caso dalle costruzioni fai-da-te, si affacciano e si aprono mondi, volti, storie potenzialmente infinite. I ricordi del fiume è anche un ritratto che gli stessi abitanti faranno di sé, un autoritratto catartico che ha il loro volto e il loro sguardo. Il film ha una struttura “rizomica”: una rete intrecciata di vie, in cui ogni punto è connesso ad altri, dove si possono costantemente creare nuove linee di fuga, nuovi punti di tangenza d’identità e di storie. Il film scorre attraverso i volti, sdentati e segnati da rughe, sporchi e bellissimi, alle nature morte che prendono forma proprio fuori (dal) campo, tra le macerie e i rifiuti, nell’ordine sghembo ma affettuoso delle case. Da questa sorta di horror vacui che ci ha accolto fin dal primo sopraluogo, si arriva alla “vacuità”, al vuoto della baraccopoli rasa al suolo.
L’immersione nella vita del campo, delle sue famiglie, dei suoi oggetti e dettagli non può che registrare la violenza della sua sparizione. Ma lo sguardo dei protagonisti su loro stessi e sul Platz ci sorprende con un atteggiamento ludico e ironico: il Platz è una palla che si illumina di colori a intermittenza, nel buio; è una piccola morale impartita da un bambino a un adulto uscito da poco dalla prigione; è una fiaba raccontata da una trasmissione radio, ascoltata da un vecchio che fa le valigie nel momento in cui le ruspe stanno distruggendo tutte le baracche; è una canzoncina della buonanotte cantata da una giovanissima madre al suo bambino.
Biografie
Gianluca e Massimiliano De Serio (Torino, 1978, dove vivono e lavorano) dal 1999 hanno prodotto vari film che hanno partecipato ai più importanti festival di cinema nazionali e internazionali, aggiudicandosi numerosi premi, tra cui il Nastro d’argento per il miglior cortometraggio nel 2004 a Maria Jesus, nel 2005 a Mio fratello Yang e nel 2007 il premio speciale della giuria al Torino Film Festival con L’esame di Xhodi. Il documentario Bakroman ha vinto il concorso dei documentari italiani al Festival di Torino del 2010.
Hanno esordito nel lungometraggio per il cinema con Sette opere di misericordia nel 2011, presentato in anteprima nel concorso internazionale del Festival di Locarno; l’ultimo lavoro per il cinema, il documentario I ricordi del fiume, è stato presentato in anteprima nella selezione ufficiale della 72a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e ha vinto il premio Doc/it per la migliore fotografia di un documentario 2017.
Dal 2015 sono anche registi teatrali, con i lavori Dissolvenze per il Festival Teatro a Corte e Stanze/Qolalka. Studio (2016) e Stanze/Qolalka (2017) per il Festival Internazionale delle Colline Torinesi. Dal 2005 partecipano anche a diverse mostre personali e collettive, con film e videoinstallazioni. Nel 2017 il loro film-installazione Stanze viene esposto al Quirinale nella mostra Da io a noi (Nessuno è mai solo). Hanno insegnato Regia cinematografica per due anni (2015-2017) presso il dipartimento di Studi umanistici, dams, dell’Università degli Studi di Torino, Videoscultura presso la naba di Milano, e Narrazione del reale per Il Politecnico di Torino e la Scuola Holden. Hanno fondato nel 2012 Il Piccolo Cinema, Società di mutuo soccorso cinematografico.
Filmografia
Poche cose (2001, 15’); Il giorno del santo (2002, 17′); Maria Jesus (2003, 12′); Mio fratello Yang (2004, 15′); Zakaria (2005, 15′); Lezioni di arabo (2005, 14′); Dialoghi del Lys (2005, 44′); Tanatologia, 14 maggio 1958 (2006, 11′); Raige e Shade (2006, 45′); Rew e Shade (2006, 35′); Ensi e Shade (2006, 58′); Neverending Maria Jesus (2006, 18′); L’Esame di Xhodi (2007, 62′); Gru, variazione per coro di 6 gru e altoparlanti (2007, loop); Come l’acciaio (2008, 30′); Sestetto (2008, 6′); Leo (2009, 6′); Stanze (2010, 60′); Oriente (2010, 6′); Bakroman (2010, installazione: Ritratti, 4×15’, Dialoghi, 75′, Riunioni, 2×40’); Bakroman (2010, 75′); No Fire Zone (2010, installazione); Sette opere di misericordia (2011, 100′); Looking for Luminita (2012, due film da 80’ ciascuno); Un ritorno (2013, 30′); I ricordi del fiume (2015, 96’), Rovine (2016, loop).